DNA
Il mondo dei geni
I genitori trasmettono i geni ai loro figli
Perché gli esseri umani generano sempre esseri umani, le rane sempre
rane e i girasoli sempre girasoli? Perché non succede mai che da un elefante
nasce una giraffa? Perché i figli assomigliano ai genitori?
La ragione si trova nei geni che i genitori trasmettono ai loro figli. Tutti
gli organismi viventi, uomo, animali, piante o microrganismi, possiedono dei
geni all’interno del loro corpo. I geni sono come dei progetti di costruzione;
dentro c’è scritto che tipo di essere vivente si svilupperà,
e che forma avrà.
Molte delle tue caratteristiche, come il colore degli occhi o il gruppo sanguigno,
sono determinati dai geni ereditati dai genitori. Questi si chiamano caratteri
ereditari.
Nello stesso tempo, però, tu possiedi delle caratteristiche che hai acquisito
nel corso della vita, e che non hanno niente a che vedere con i geni. La cicatrice
sul tuo ginocchio, per esempio, proviene da una caduta, e non è scritta
nei tuoi geni. Allo stesso modo, il fatto che tu sia bravo in un gioco non deriva
dai tuoi genitori, ma è una capacità che tu hai acquisito . Infine,
esistono anche dei caratteri che sono in parte ereditati ed in parte acquisiti.
Per esempio la tua intelligenza: in parte l’hai ereditata dai tuoi genitori
e in parte l’hai migliorata esercitandola.
Viaggio dentro la cellula
Tutti gli esseri viventi possiedono dei geni che si trovano dentro
le loro cellule
Tutti gli organismi, qualunque sia la loro forma, sono costituiti da cellule.
Gli organismi più semplici sono formati da una sola cellula, e per questo
vengono denominati "organismi unicellulari". Per esempio tutti i batteri
sono degli organismi unicellulari. Invece le piante, gli animali e l’uomo,
che sono formati da molte cellule, sono denominati "organismi pluricellulari".
Il tuo corpo, per esempio, contiene circa 100 mila miliardi di cellule (100'000'000'000'000
di cellule!).
In principio, tutte le cellule del tuo corpo sono costruite secondo lo stesso
modello. Esse sono circondate da un involucro (la membrana cellulare) e possiedono
all’interno (nel citoplasma) numerosi altri componenti (organelli cellulari),
tra i quali un nucleo cellulare che contiene i geni. I globuli rossi del sangue
sono le uniche cellule che non hanno il nucleo.
Le cellule degli animali sono fatte in modo simile a quelle umane. Le cellule
vegetali, invece, hanno intorno alla membrana cellulare un involucro più
spesso (parete cellulare). Inoltre esse hanno, tra gli organelli, i cloroplasti.
A differenza delle cellule umane, animali e vegetali, i batteri sono privi di
nucleo cellulare.
La cellula
Le cellule sono molto piccole. Un punto di 2mm sul tuo dito copre circa mille
cellule della tua pelle.
Tutti i componenti di una cellula hanno una funzione definita:
Reticolo endoplasmatico: sistema di trasporto di sostanze della cellula
Lisosomi: pattumiera della cellula, dove le sostanze sono eliminate
Mitocondri: batterie della cellula, servono a produrre l’energia
Lisosomi = servono per la digestione intracellulare, estraendo e trattenendo le sostanze nutritive, demolendo, invece, quelle indesiderate
Ribosomi: fabbriche della cellula, servono per produrre le proteine secondo
gli ordini della cellula
(se la cellula secerne le proteine prodotte, possiede solo ribosomi attaccati
al reticolo endoplasmatico (che occupa gran parte del citosol) e alla membrana
nucleare;
se la cellula immagazzina queste proteine, possiede ribosomi liberi nel citoplasma)
Nucleo cellulare: dove si trovano i geni
Anche se tutte le cellule del tuo corpo sono costruite sullo stesso modello,
tu non sei un semplice ammasso di 100 mila miliardi di cellule uguali. Tra questi
100 mila miliardi di cellule si possono distinguere circa 250 tipi di cellule
differenti. Ci sono cellule nervose, muscolari, ossee, sanguigne e molte altre
ancora. Le cellule sono perfettamente organizzate tra loro, e ognuna adempie
a una funzione ben determinata nell’organismo. Le cellule muscolari, per
esempio, ti permettono di muoverti, mentre è grazie a quelle nervose
che puoi sentire caldo, freddo o dolore. Siccome le cellule hanno compiti diversi,
esse hanno forme differenti.
Dentro il nucleo cellulare ci sono i geni
I geni sono contenuti nel nucleo cellulare. Tutti i nuclei di tutte le cellule
del tuo corpo contengono gli stessi geni. Una cellula della pelle contiene perciò
gli stessi geni di una cellula muscolare o di una cellula nervosa. I geni non
sono delle particelle individuali libere dentro il nucleo, ma essi sono impacchettati
in quelli che si chiamano i cromosomi.
Quando si osserva un nucleo cellulare al microscopio, non si vede generalmente
nient’altro che una macchia scura. Se però la cellula si sta dividendo,
allora si possono distinguere i cromosomi, che hanno una caratteristica forma
a “X”.
Ci sono 46 cromosomi nel nucleo delle cellule del tuo corpo. Osservando i 46
cromosomi più da vicino, si può notare che ce ne sono sempre due
che si assomigliano. Per questo motivo si parla anche di 23 coppie di cromosomi.
Le coppie di cromosomi possono essere numerate da 1 a 22.
L’ultima coppia è invece particolare: essa determina il sesso dell’essere
umano. Per questa ragione questi due cromosomi sono chiamati “cromosomi
sessuali”. Nelle femmine questa coppia è formata da due cromosomi
“X”, mentre nei maschi la coppia è formata da un cromosoma
“X” e da uno “Y”.
Il numero di cromosomi varia in funzione della specie. Gli esseri umani hanno
46 cromosomi, le scimmie 48, i cani 78, i gatti 38, le zanzare 8 e i cavolfiori
18.
I figli sono metà padre e metà madre
Le cellule dei gameti sessuali, gli ovuli femminili e gli spermatozoi maschili,
hanno solo 23 cromosomi. Quando uno spermatozoo paterno
si fonde con un ovulo materno si ha la formazione di una nuova cellula: l’ovulo
fecondato con 46 cromosomi (23 coppie di cromosomi).
L’ovulo fecondato si divide successivamente in due cellule, che ripetono
a loro volta lo stesso processo formando un embrione di 4 cellule. E così
via fino allo sviluppo completo del bambino.
Ora capisci perché i cromosomi sono sempre in coppie: per metà
provengono dal padre, e per metà dalla madre. Da un punto di vista genetico
un figlio è la combinazione dei suoi genitori, ed è per questo
che gli assomiglia.
I cromosomi sono dei filamenti di geni
Ciascuno dei tuoi 46 cromosomi è costituito da un lungo filamento molto
sottile che contiene una serie di geni.
Chimicamente la sostanza di cui sono composti questi filamenti si chiama Acido
DesossiriboNucleico, abbreviato in DNA.
La lunghezza dei tuoi 46 filamenti genetici messi insieme è di due metri.
In una cellula umana che non si vede nemmeno ad occhio nudo, il filamento genetico
è lungo come un giocatore di basket! E se si uniscono tutti i filamenti
genetici di tutte le cellule di un solo essere umano, si raggiunge una lunghezza
pari a 100 volte la distanza tra la terra ed il sole.
Il DNA
Il filamento genetico è in realtà composto da due filamenti paralleli
uniti tra loro per dei legami trasversali, che si attorcigliano intorno al proprio
asse. Immagina una semplice scala a chiocciola: due rampe laterali mantenute
insieme per degli scalini. I ricercatori non parlano di scala a chiocciola,
ma di doppia elica. Una volta srotolato, il filamento genetico assomiglia ad
una scala a pioli.
Come abbiamo appena visto, le caratteristiche di un essere vivente sono scritte
nei suoi geni. Ti starai dunque domandando come questo sia possibile. Ci sono
delle lettere nel filamento genetico? Praticamente si. Guardando più
da vicino ciascuno dei due filamenti, si trovano gli stessi componenti. Queste
sostanze sono l’Adenina, la Timina, la Guanina e la Citosina. Esse vengono
semplicemente designate, rispettivamente, dalle lettere A, T, G e C. Al contrario
del nostro alfabeto, composto dalla A alla Z da 26 lettere, l’alfabeto
genetico ha solo quattro lettere. La lingua genetica è la stessa per
tutti gli esseri viventi, che si tratti di uomo, animali, piante o batteri.
Le lettere formano delle coppie
I quattro componenti, l’Adenina (A), la Timina (T), la Guanina (G) e la
Citosina (C), si assemblano in coppie complementari, come in una serratura a
chiave. A fa coppia sempre con T, mentre G sempre con C. Le altre combinazioni,
per esempio A e G, o C e T, non sono possibili. Dunque, conoscendo l’ordine
delle lettere su di un filamento si possono facilmente indovinare quelle dell’altro.
Per esempio, se su di un filamento si legge ATGGTGCACCTGACT, la sequenza
delle lettere sull’altro sarà TACCACGTGGACTGA.
I geni sono dei progetti per la costruzione delle proteine
Prima abbiamo detto che il DNA è composto da quattro elementi che sono
designati dalle lettere A, T, G e C.
Si può quindi dire che dentro il nucleo di ogni cellula del tuo corpo
vi è un libro, scritto con le lettere A, T, G e C. Un gene corrisponde
quindi ad una frase di questo libro. Il numero esatto di geni che un essere
umano possiede non è ancora certo.
Il Progetto genoma umano
Duecentoventi genetisti, di cui due italiani, hanno deciso nel 1988 che volevano sapere qual è la struttura e la funzione di ognuno dei geni umani. Poiché questa informazione sarebbe stata preziosa per sapere come funziona normalmente il corpo umano e come si ammala, hanno chiesto ai governi dei loro paesi di finanziare questo ambiziosissimo progetto, che ha preso proprio il nome di Progetto genoma umano, nonché il curioso nomignolo di HUGO, dall'inglese Human genome organisation. Come dovrebbe accadere per ogni progetto scientifico di così vasta importanza, fu anche annunciato che i risultati degli esperimenti sarebbero stati messi gratuitamente a disposizione di tutti i ricercatori del mondo, e così è stato.
Il lavoro cominciò nel 1990 e nel 2000 i due leader politici di Stati Uniti e Gran Bretagna, i paesi che più hanno contribuito al progetto, Bill Clinton e Tony Blair, hanno annunciato che era disponibile un primo schema della struttura del genoma umano. Solo tre anni dopo i dati sono comparsi con una qualche completezza, ma ancora oggi solo alcuni cromosomi sono stati descritti nella loro intera struttura, e per molti dei circa 30.000 geni che vi sono stati trovati non è stata ancora identificata una funzione certa. Il fatto che il genoma umano contenga circa 30.000 geni ha una precisa ragione: solo circa 2% di esso contiene la codificazione per la produzione delle proteine, mentre la maggior parte del DNA è apparentemente inutile, come se fossero parole ripetute e senza senso. Non risulta così, invece per le specie animali più semplici, che hanno un numero inferiore di geni e una quantità inferiore di DNA 'inutile'. Gli studiosi stanno cercando di dare un'interpretazione a questo strano fatto, apparentemente contrario all'economia della natura.
I geni non sono composti dallo stesso numero di lettere. Un gene corto conta
circa 500 lettere, mentre un gene lungo ne ha diverse migliaia.
In tutte le cellule si trova lo stesso libro, con la stessa successione di lettere.
Una paticolare cellula legge solo le frasi (geni) che contengono le informazioni
che le sono necessarie in un determinato momento, per poter compiere la funzione
che ha nel corpo. Una cellula sanguigna, infatti, non legge esattamente le stesse
frasi (geni) di una cellula muscolare.
Nel nucleo vengono fatte copie dei geni
Prima che una cellula possa leggere un gene, viene fatta una copia nel nucleo
cellulare. I due filamenti di DNA si separano nel punto in cui si trova il gene
da leggere, in modo che le coppie A-T e G-C siano disaccoppiate. Poi un duplicatore
(chiamato RNA polimerasi), situato nel nucleo, utilizza quindi uno dei due filamenti
come stampo per copiare la sequenza di lettere. Questo processo genera dunque
una copia del gene. Riprendendo l’esempio del libro, si può dire
che la cellula ha fatto la copia di una frase del libro del nucleo.
Una differenza nella sequenza di lettere tra l’originale del gene e la
sua copia è che le Timine (T) sono rimpiazzate dall’Uracile (U).
La sequenza originale si compone quindi di A, T, G e C, mentre la copia di A,
U, G e C. Un’atra differenza tra copia e originale è che quest’ultima
non è più composta di DNA, ma bensì di Acido RiboNucleico,
o RNA.
Dalla copia del gene viene prodotta una catena di amminoacidi
La copia del gene viene esportata fuori dal nucleo cellulare. Essa viene poi
letta dalle fabbriche di proteine della cellula: i ribosomi. I ribosomi leggono
la frase (copia del gene) dall’inizio alla fine, leggendo tre lettere
per volta (codone).
Se una frase è composta, per esempio, da AUGGUGCACCUGACUCCUGAGGAGAAG,
i ribosomi leggeranno AUG, GUG, CAC, CUG, ACU, CCU, GAG, GAG, AAG.
Nella copia del gene è scritto come una data proteina deve essere fabbricata.
Le proteine sono composte di elementi base chiamati amminoacidi. Esistono 20
amminoacidi diversi; ciascuna tripletta di lettere rappresenta un determinato
amminoacido. GUC, per esempio, corrisponde all’amminoacido chiamato “valina”,
mentre CAC alla “istidina”. Questo codice permette alla cellula
di tradurre le parole di tre lettere in amminoacidi, e viene detto codice genetico.
Quando i ribosomi leggono una frase (copia del gene) per gruppi di tre lettere
sanno esattamente quale dei venti amminoacidi è associato ad ogni parola
di tre lettere, e qual è la loro sequenza. I ribosomi assemblano
gli amminoacidi uno dopo l’altro fino ad ottenere la proteina completa.
Anche un solo errore di scrittura presente nella copia del gene può generare
una proteina difettosa. Nel punto dove si trova l’errore di ortografia,
i ribosomi inseriranno infatti un amminoacido sbagliato. Questo può avere
gravi conseguenze. Per esempio, in una malattia chiamata anemia falciforme,
per colpa di una proteina difettosa, le cellule sanguigne hanno una forma differente
da quella normale, e funzionano peggio di quelle delle persone sane.
Le proteine sono prodotte
Abbiamo visto che nelle cellule si trovano i ribosomi, che costituiscono la
fabbrica di proteine della cellula e assemblano gli amminoacidi in una catena.
La catena di amminoacidi, poi, si ripiega, ed ecco che la proteina è
pronta. Il modo in cui una proteina si ripiega su se stessa dipende dagli amminoacidi
che compongono la sua sequenza amminoacidica.
Le cellule contengono il 77% di acqua, il 14% di proteine e il 9% tra DNA, RNA,
sali, grassi e zuccheri.
Le proteine costituiscono sia il materiale di costruzione, che
gli operai della cellula
Esistono moltissime proteine differenti. Ciascuna adempie ad una funzione ben
definita all’interno del corpo. Si possono classificare le proteine in
gruppi secondo la loro funzione:
Le proteine strutturali sono responsabili di dare la corretta forma alle
cellule, ai tessuti e agli organi. Le glicoproteine che si trovano nella membrana
cellulare ne sono un esempio;
Le proteine protettrici servono alla difesa dell’organismo e della cellula.
Per esempio gli anticorpi si fissano ai corpi estranei e agli agenti patogeni
inattivandone l’effetto nocivo;
Gli enzimi rappresentano il più grande gruppo di proteine. Gli enzimi
rendono le reazioni chimiche della cellula più veloci e precise, e quindi
possibili. La DNA polimerasi per esempio, che copia e ripara il DNA, è
un enzima;
Le proteine di trasporto si legano a determinate sostanze e le trasportano.
Ad esempio l’emoglobina si trova nei globuli rossi, e trasporta l’ossigeno
dai polmoni alle altre parti del corpo;
Le proteine contrattili: “contrattile” significa “capace di
contrarsi”. Sono così chiamate le proteine responsabili del movimento.
Le due proteine più importanti nei muscoli sono l’actina e la miosina.
Gli ormoni proteici sono delle proteine che funzionano da messaggeri e de regolatori.
Per esempio l’insulina, prodotta dal pancreas e trasportata per via sanguigna
verso i muscoli, serve ad abbassare il tasso di zuccheri nel sangue.
Mutazioni
Abbiamo imparato come una proteina è prodotta a partire dal suo gene,
e quali sono le differenti funzioni che le proteine hanno nel corpo umano.
Per avere una buona salute è importante che tutte le proteine del corpo
compiano efficacemente la loro funzione. Se una proteina è danneggiata
e non può più funzionare correttamente, lo sviluppo di una malattia
diventa molto più probabile.
Come si arriva a questo? Una delle ragioni che portano a un funzionamento difettoso
delle proteine consiste in errori nei loro progetti di costruzione: il DNA.
Questi errori si chiamano mutazioni.
Le mutazioni sono degli errori di scrittura
Come visto, il nostro genoma è come un libro scritto con le lettere A,
C, G e T. Un gene corrisponde ad una frase precisa del libro. Le mutazioni possono
essere viste come degli errori di battitura commessi nella scrittura del genoma.
Quali tipi di mutazioni esistono?
Esistono due tipi di mutazioni diversi: le mutazioni genetiche e le mutazioni
cromosomiche.
Le mutazioni nei geni sono le più frequenti. Queste mutazioni possono
essere originate dalla perdita di una o più lettere di un gene (delezione),
dall’introduzione di una o più lettere in un gene (inserzione),
dallo scambio di alcune lettere di un gene (sostituzione)
o ancora dalla moltiplicazione di alcune lettere (duplicazione). Di conseguenza,
nel punto preciso dove si è prodotto l’errore, un aminoacido sbagliato
può essere incorporato nella proteina codificata dal gene interessato.
Un aminoacido diverso nella posizione sbagliata può influenzare la struttura,
e quindi la funzione, della proteina in oggetto, fino a renderla anche completamente
non funzionante o dannosa.
Nelle mutazioni cromosomiche, i cromosomi sono modificati nella loro struttura.
Anche questo può portare a un cambiamento nell’ordine delle lettere.
Durante questo processo delle grosse parti di un cromosoma, contenenti molti
geni, possono essere perdute, moltiplicate o inserite. Come per le mutazioni
nei geni, queste mutazioni sono chiamate rispettivamente delezioni, duplicazioni
e inserzioni. Inoltre può anche succedere che una parte di un cromosoma
si rompa e che il frammento risultante si attacchi ad un altro cromosoma (traslocazione).
Oppure, che esso si riattacchi allo stesso cromosoma, ma in senso inverso (inversione).
Interi cromosomi possono essere perduti o moltiplicati. Le mutazioni a livello
dei cromosomi danno spesso origine a malattie gravi, e possono portare a disfunzioni
durante lo sviluppo. La sindrome di Down è una mutazione ben conosciuta
di un cromosoma. Questa sindrome è anche chiamata trisomia del cromosoma
21, in quanto il cromosoma 21 è almeno in parte presente tre volte.
Come si originano le mutazioni? Da dove provengono?
Le mutazioni sono una parte importante della vita stessa. Infatti, esse assicurano
che gli organismi abbiano la capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali.
Le mutazioni sono pertanto alla base dell’evoluzione. Charles Darwin è
stato il primo a immaginare che una mutazione casuale può cambiare una
caratteristica dell’individuo, e che in alcune circostanze questa nuova
caratteristica possa conferire un vantaggio all’individuo.
Le mutazioni hanno essenzialmente due origini: apparizione spontanea o causata
da influenze esterne nocive (chiamate mutagene). Le mutazioni spontanee possono
essere originate, per esempio, durante la divisione cellulare. Prima di dividersi
una cellula deve duplicare tutti i suoi elementi, incluso il genoma. Durante
la duplicazione del DNA degli errori possono essere inclusi nella copia. Altrimenti,
l’apparizione di una mutazione spontanea può essere causata dalla
degradazione chimica di una lettera o da errori di ripartizione dei cromosomi.
Le influenze esterne nocive conosciute per causare mutazioni sono, per esempio,
le sostanze tossiche prodotte dalla combustione (nel fumo di sigaretta), o i
raggi elettromagnetici ad alta energia come i raggi UV o i raggi X. Alcuni ricercatori
hanno chiaramente dimostrato che i raggi UV danneggiano direttamente il DNA,
favorendo così lo sviluppo di tumori della pelle (melanomi).
Come si trasmettono le mutazioni?
Una volta create, le mutazioni sono inserite nel genoma. All’inizio una
mutazione è però confinata in una sola cellula. Durante la divisione
cellulare la mutazione si propaga nelle generazioni cellulari. Quando la mutazione
appare nelle cellule di tessuti come la pelle o il sangue, la malattia può
svilupparsi solo nell’individuo interessato. In questo caso si parla di
mutazioni somatiche, che non sono trasmesse ai discendenti.
Se invece le cellule dell’apparato riproduttore dell’individuo sono
interessate dalla mutazione, come gli spermatozoi o gli ovuli, la mutazione
è definita germinale. Al contrario delle mutazioni somatiche, quelle
che interessano la linea germinale non hanno in genere effetti sull’individuo
colpito. Tuttavia, quando la prole della persona affetta eredita la mutazione,
tutte le cellule del corpo sono toccate da questa. Gli effetti della mutazione
saranno allora visibili per la prima volta a livello di questa generazione.
Quali conseguenze portano le mutazioni?
Le mutazioni sono comunemente associate allo sviluppo di malattie. In realtà,
la maggior parte delle mutazioni non porta allo sviluppo di una malattia. Questo
grazie al fatto che le cellule del nostro corpo hanno 23 coppie di cromosomi,
e quindi possiedono due copie (chiamati alleli) di ogni gene. Dunque, la probabilità
di essere portatore di due copie sbagliate dello stesso gene è relativamente
bassa. Per questa ragione non è più permesso, ai giorni nostri,
di sposarsi tra parenti stretti. Nelle coppie di consanguinei l’accumulazione
di varianti erronee è favorita, permettendo così una maggiore
frequenza di sviluppo di malattie genetiche.
I genetisti parlano di malattie ereditarie recessive e dominanti. Una malattia
ereditaria recessiva non si sviluppa fino a che la persona colpita non abbia
ereditato due copie mutate del gene in questione. La fibrosi cistica è
una di queste malattie. Nella fibrosi cistica il gene interessato non produce
più la proteina funzionante a causa di una delezione (perdita di qualche
lettera). A causa di questo errore le secrezioni corporali sono più dense
del normale e si accumulano soprattutto nei polmoni e nel pancreas.
Una malattia ereditaria dominante invece si sviluppa anche quando una sola copia
del gene interessato è mutata. La malattia chiamata Corea di Huntington
è una di queste malattie. L’apparizione di mutazioni nel gene che
codifica per la proteina Huntingtina è la causa di questa malattia. Queste
mutazioni portano spesso alla produzione di proteine troppo lunghe, che perturbano
la funzione delle cellule nervose di alcune zone precise del cervello, generando
la malattia.
Genetica, il Dna degli italiani è il più variegato
d'Europa
Uno studio scientifico appena pubblicato: fra i patrimoni genetici
delle varie popolazioni della Penisola ci sono differenze fino a 30 volte più
profonde che fra quelli di popoli come spagnoli e rumeni. Ma una ricerca di
qualche anno fa dimostrava che nell'1,5% degli europei scorre sangue italico
Il Dna degli italiani è il più ricco e variegato d'Europa: le
comunità che popolano lo Stivale sono così eterogenee dal punto
di vista genetico, che la loro diversità è fino a 30 volte superiore
rispetto a quella che si osserva tra gruppi che vivono agli angoli opposti dell'Europa.
Lo dimostra uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università
Sapienza di Roma, coordinato dall'antropologo Giovanni Destro Bisol, in collaborazione
con le Università di Bologna, Cagliari e Pisa.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Anthropological Sciences, ha preso in
considerazione 57 popolazioni del nostro territorio: non solo quelle più
ampie e rappresentative di regioni o città (ad esempio il Lazio oppure
L'Aquila), ma anche gruppi di antico insediamento come quelli delle minoranze
linguistiche (Ladini, Cimbri e Grecanici).
Sono proprio alcuni di questi (come le comunità «paleogermanofone»
e ladine delle Alpi o alcuni gruppi etnici della Sardegna) a contribuire in
maniera determinante alla diversità genetica osservata in Italia. Un
dato eclatante emerge dallo studio del Dna trasmesso per linea materna, ovvero
quello mitocondriale: comparando la comunità germanofona di Sappada (nel
Veneto settentrionale) con il suo gruppo vicinale del Cadore, o quella di Benetutti
in Sardegna con la Sardegna settentrionale, l'insieme delle differenze genetiche
calcolate è di 7-30 volte maggiore rispetto a quelle che si osservano
tra coppie di popolazioni europee geograficamente 20 volte più distanti
(come portoghesi e ungheresi oppure spagnoli e romeni).
Lo studio rivela anche un'inedita analogia tra la biodiversità umana
e quella animale e vegetale, dovuta all'estrema estensione latitudinale dell'Italia.
La varietà degli habitat lungo la nostra penisola favorisce la varietà
di piante e animali, mentre le caratteristiche geografiche hanno reso l'Italia
un «corridoio naturale» per i flussi migratori: nel caso dell'uomo
hanno contribuito alle diversità tra popolazioni anche le differenze
culturali, in primis quelle linguistiche.
Ma è anche vero che gli stessi italici, ovvero le popolazioni che abitarono
nella Penisola prima delle «contaminazioni» che determinarono un
po' alla volta il nostro Dna attuale, hanno contribuito a ripopolare l'Europa
alla fine del periodo glaciale, terminato intorno a 13mila anni fa. La prima
prova genetica di questo evento preistorico si era avuta grazie a una ricerca
svolta qualche anno fa dall'Università di Pavia e pubblicata dall'American
Journal of Human Genetics. Dallo studio su 35mila individui appartenenti a 81
popolazioni europee e medio-orientali, e anche questo condotto sul Dna mitocondriale,
emerge che una linea genetica di probabile origine italiana, l'aplogruppo U5b3,
è rintracciabile praticamente in tutta Europa, sebbene abbia una bassa
frequenza (trovandosi solo nell'1,5 per cento delle popolazioni).
Ecco, semplificando, lo scenario ipotizzato. L'Europa è stata colonizzata
dagli esseri umani moderni (provenienti dall'Africa) circa 46 mila anni fa;
poi le condizioni climatiche sono peggiorate, fino al picco glaciale verificatosi
tra i 21 e i 18 mila anni fa. In questo periodo le popolazioni si sarebbero
divise per ritirarsi in piccoli gruppi nelle aree più calde, chiamate
rifugi, limitando le migrazioni e, quindi, la ricombinazione genetica tra le
diverse tribù. Fino a quella ricerca si riteneva che a ripopolare l'Europa
fossero state gli abitanti della Francia del Sud (linea genetica franco-cantabrica),
dei Balcani e dell'Ucraina. Secondo la ricostruzione dei ricercatori di Pavia
è probabile che dal «rifugio» italiano le migrazioni abbiano
seguito da una parte (a Ovest) la linea della costa tirrenica verso la Provenza,
e dall'altra (a Est) il margine orientale degli sterminati ghiacciai alpini
che sbarravano il passaggio.
Due millenni fa, poi, i geni italici si installarono in tutta Europa (oltre
che nel bacino del Mediterraneo) grazie all'impero romano.
Osserviamo un solo gene fra gli altri di ogni cromosoma:
Cromosoma 1: il gene della lattasi
L’esempio del gene della lattasi mostra bene l’influenza che ha
la nostra origine sulla regolazione dei geni.
Il gene della lattasi, situato sul cromosoma 1, contiene l’ordine: "decomporre
il lattosio in piccoli frammenti digeribili" ("lattosio" è
la designazione scientifica dello zucchero naturale del latte). Questo gene
è attivato durante il periodo dell’allattamento in tutti i neonati
sani (e in tutti gli altri mammiferi). In conseguenza all’attivazione
del gene è prodotto l’enzima che ci permette di digerire e quindi
di assimilare il lattosio: la lattasi.
In Europa sono molti gli adulti in grado di consumare e digerire senza problemi
il latte
In origine la natura aveva previsto che la lattasi non sia più prodotta
nell’adulto, che generalmente non si nutre di latte. Quando le persone
che non hanno il gene della lattasi attivo bevono il latte, il lattosio non
digerito provoca dei disturbi digestivi: si parla dunque d’intolleranza
al lattosio.
Il fatto che nelle nostre regioni noi possiamo bere il latte senza problemi,
fino ad un’età avanzata, è il risultato di una mutazione
naturale. La conseguenza della mutazione è che il gene della lattasi
non può più essere disattivato.
Perché una mutazione a potuto imporsi in certe popolazioni come gli europei,
ma non in altre?
In Europa, da migliaia di anni, gli esseri umani hanno iniziato ad allevare
bestiame, ed hanno integrato il latte nella propria alimentazione. Solo gli
individui per i quali la lattasi rimane attiva anche in età adulta, per
effetto della mutazione, possono profittare pienamente di questo modo di vita.
Questo vantaggio selettivo è all’origine del fatto che ad oggi,
nei popoli occidentali, più del 70% degli adulti possiede un gene della
lattasi attivo, e possono dunque assimilare il lattosio.
L’intolleranza al lattosio nei popoli asiatici
Contrariamente ai popoli europei, gli asiatici non si nutrono tradizionalmente
di prodotti derivati dall’allevamento di bestiame. La disattivazione del
gene della lattasi in età adulta non presenta quindi alcun inconveniente
in queste popolazioni. Numerosi asiatici hanno oggi dei problemi quando consumano
latte e derivati, ed hanno quindi dovuto adattare la loro alimentazione di conseguenza.
Cromosoma 2: i nostri parenti più stretti
L’essere umano è un parente stretto dello scimpanzé. Ciononostante
non abbiamo lo stesso numero di cromosomi. L’uomo ne ha 46, mentre lo
scimpanzé 48.
Oggi si sa che nel corso dell’evoluzione la fusione di due piccole coppie
di cromosomi dello scimpanzé ha generato la coppia cromosomica numero
2 dell’essere umano.
Le differenze tra il genoma dell’uomo e quello dello scimpanzé
sono l’1,4%. Se si fa il calcolo su tutta la massa del codice genetico
(paia di basi) questo rappresenta tuttavia una grande quantità. Dei 3.3
miliardi di elementi del patrimonio genetico umani, più di 46 milioni
sono diversi nello scimpanzé! In più la minima divergenza può
avere effetti considerevoli. Un solo elemento modificato può portare
alla formazione di una proteina totalmente nuova! Per questo le differenze tra
l’uomo e la scimmia sono notevoli, nonostante i loro numerosi punti in
comune.
Cromosoma 3: il colore dei capelli
La melanina è il pigmento che definisce il colore dei capelli e della
pelle. Esistono due tipi di melanina: l’eumelanina (bruno-nera) e la pheomelanina
(rossastra). La prima si trova nei capelli scuri e neri, mentre la seconda nei
capelli biondo chiaro, biondo e rosso. Tutta la gamma di colori dei capelli
umani è il risultato di un mix diverso di questi due tipi di melanina.
Com’è prodotta la melanina?
L’organismo produce i due tipi di melanina a partire dalla tirosina, un
aminoacido incolore. Questo aminoacido si trova in tutto il corpo, ma nei follicoli
piliferi e in alcune cellule specializzate della pelle è trasformato
in colorante.
I pigmenti sono fabbricati da degli enzimi che trasformano la tirosina in eumelanina
o pheomelanina. Il prodotto del gene chiamato MITF, localizzato sul cromosoma
3, attiva questi enzimi. In funzione delle predisposizioni genetiche delle diverse
persone, gli enzimi sono prodotti in proporzioni differenti. Questo determina
il tipo di melanina prodotto e quindi decide il colore dei capelli. Nonostante
non esista il gene dei capelli biondi o bruni, sono i geni che determinano il
colore dei capelli.
I capelli grigi
Dire che i capelli diventano grigi è sbagliato, perché i capelli
non sono colorati da un pigmento grigio. I capelli sono grigi perché,
col passare degli anni, le cellule che producono il pigmento spariscono, e quindi
la produzione di melanina diminuisce. Siccome questi enzimi sono necessari sia
per la produzione dell’eumelanina che della pheomelanina, la produzione
dei pigmenti è quasi bloccata. Al posto del colore, sono delle bolle
d’aria ad essere stoccate nei capelli. È per questo che i capelli
appaiono grigi, e a volte bianchi.
L’albinismo
Servono diversi enzimi per produrre la melanina. Quando uno di questi non è
più funzionale, i pigmenti non sono più prodotti, e si parla di
albinismo. Le persone affette da albinismo hanno pelle, capelli e occhi molto
chiari. Ci sono individui albini in tutte le popolazioni. Nei popoli con la
pelle più scura essi attirano naturalmente di più l’attenzione.
La maggior parte delle forme d’albinismo sono dovute a delle mutazioni
avvenute nei due geni che contengono i progetti per la costruzione dei due enzimi
necessari per la fabbricazione della melanina: il gene della tirosinasi, sul
cromosoma 11, e il gene P, sul 15. L’albinismo è un’affezione
a trasmissione recessiva.
Cromosoma 4: degradazione dell’alcol
L’alcol è un veleno per le cellule. Per questo il nostro fegato
s’impegna a degradarlo il più velocemente possibile dopo aver consumato
una bevanda alcolica. Per fare questo ricorre all’enzima chiamato ADH
(alcol deidrogenasi), il cui gene è sul cromosoma 4.
Gli esseri umani non dispongono tutti dello stesso tipo di enzima ADH
Gli abitanti dell’America (indiani d’America e inuiti), originari
dell’Asia orientale, reagiscono in maniera molto più sensibile
all’alcol degli europei. Questi ultimi mostrano una grande tolleranza
all’alcol rispetto alle persone dell’Asia orientale.
Perché l’efficacia dei meccanismi di disintossicazione dall’alcol
variano da un individuo all’altro? La spiegazione risiede nelle precarie
condizioni igieniche presenti in Europa durante l’antichità e il
medioevo.
La storia spiega
Nel medioevo numerose epidemie, generate da acque infestate da batteri, facevano
stragi nelle città europee. Secondo un’ipotesi tra le altre, le
persone che sopportavano bene le bevande alcoliche, dunque "sterili",
perché in possesso di un enzima ADH attivo, avrebbero beneficiato di
un vantaggio selettivo nelle condizioni dell’epoca. Secondo quest’ipotesi,
nel corso delle generazioni il gene dell’enzima ADH efficace si é
moltiplicato nella popolazione europea.
I popoli asiatici hanno cominciato ben più presto a bollire l’acqua
prima di consumarla (per esempio facendo il tè). Per quelle genti l’acquisizione
di un enzima ADH efficace non ha dunque portato alcun vantaggio selettivo, perché
non sono stati mai esposti all’alcol fino ai tempi moderni.
Cromosoma 5: L’asma
L’asma è una malattia infiammatoria. Al momento di una crisi d’asma
il restringimento delle vie respiratorie induce uno stress respiratorio. L’asma
è trasmesso in modo ereditario? Si e no. Degli studi mostrano che il
rischio di soffrire d’asma è più elevato se esistono dei
precedenti in famiglia. La malattia però non è trasmessa in modo
sistematico.
L’asma, infatti, è una malattia multifattoriale, nella quale intervengono
dei fattori genetici e ambientali (inquinamento dell’aria ad esempio).
La ricerca ha scoperto numerosi geni che, negli asmatici, presentano delle mutazioni
patogenetiche. Tuttavia, non esiste un gene propriamente detto che scateni automaticamente
la malattia. I diversi geni agiscono insieme per reprimere o favorire la malattia.
Una proteina distende i muscoli delle vie respiratorie
Sul cromosoma 5 si trova un gene che contiene il progetto di costruzione di
una proteina presente nella muscolatura delle vie respiratorie. Quando questo
gene è attivato, i muscoli si distendono.
Nelle persone asmatiche questo gene è leggermente modificato. In conseguenza
la proteina non riesce più a stimolare bene il rilassamento muscolare.
Le persone sofferenti d’asma non sono tutte trattate con gli stessi farmaci
Un certo farmaco non ha gli stessi effetti su tutti i pazienti. Ci sono delle
persone asmatiche per le quali i farmaci prescritti normalmente non producono
il minimo effetto.
Al posto di provare, nel corso di anni, una moltitudine di rimedi nella speranza
di trovare quello che agirà, la farmacogenetica tenta di predirlo. L’obiettivo
è di determinare, per mezzo di un semplice test genetico, quali varianti
dei geni sono all’origine dell’asma. Questo permetterà dunque
di somministrare ad un paziente un farmaco efficace e che presenta pochi effetti
secondari.
Cromosoma 6: L’intelligenza
L’intelligenza e la creatività sono in parte ereditate. Oggi si
pensa che diverse decine di geni, per la maggior parte ancora sconosciuti, siano
responsabili delle determinazione della nostra intelligenza. Quindi cercare
un unico "gene intelligente" sarebbe vano, anche nel genoma di Einstein.
Intelligenza: collaborazione tra geni e ambiente
Considerati separatamente, i diversi geni che giocano un ruolo nella determinazione
dell’intelligenza hanno un’influenza non misurabile. È solo
sulla base della loro interazione che si può affermare che l’intelligenza
dipende al 50% dai nostri geni.
Conseguentemente, noi stessi possiamo influenzare la nostra intelligenza, in
funzione del nostro comportamento e dell’ambiente in cui viviamo. La famiglia,
la scuola, l’alimentazione e motli altri fattori influenzano la nostra
intelligenza almeno tanto quanto i geni. Persino il ventre materno, nel quale
abbiamo vissuto mentre eravamo un feto, fa parte dell’ambiente che ci
circonda!
Cromosoma 7: I geni dell’appetito
Anche se amiamo veramente mangiare gli spaghetti, dopo un po’ ci si sente
sazi e non si ha più voglia di continuare a mangiare. Un gene, tra gli
altri, è responsabile della sensazione di sazietà.
Infatti, è grazie all’ormone chiamato leptina che è possibile
mantenere il proprio peso senza prestare particolari attenzioni.
Il gene della leptina è situato sul cromosoma 7. La leptina è
prodotta dal tessuto adiposo, e trasportata dal sangue. La leptina dà
il segnale al cervello di fermare l’ingestione di alimenti, e di aumentare
il consumo di energia.
I topi di laboratorio nei quali il gene della leptina è difettoso divengono
rapidamente bulimici, perché la sensazione di fame non viene mai calmata.
Il vincolo di causalità però non è così semplice
nell’essere umano. Tuttavia, oggi si sa che è grazie alla leptina
che la gente può mantenere un peso costante senza fare particolare attenzione.
Secondo le statistiche, il meccanismo di regolazione dell’appetito non
funziona più correttamente in un numero crescente di persone. Nei paesi
industrializzati la percentuale di persone obese aumenta in modo costante. È
dunque probabile che queste persone presentino al livello del cervello una certa
insensibilità alla leptina, di modo che non riescono praticamente più
a controllare l’appetito.
Cromosoma 8: Telomeri, l’estremità dei cromosomi
Alle due estremità di ogni cromosoma si trovano i cosiddetti telomeri.
In qualità di estremità protettrici, i telomeri impediscono che
due cromosomi si fondano tra loro a livello delle estremità, ne
che si disgreghino.
Ogni volta che i cromosomi sono replicati durante una divisione cellulare, un
piccolo segmento di telomero viene perso. Per questo i cromosomi non possono
essere replicati indefinitamente, e le cellule non si possono replicare all’infinito.
Dopo qualche centinaio di divisioni cellulare, i cromosomi sono troppo corti:
questo causa l’arresto della divisione cellulare o la morte della cellula.
L’accorciamento dei cromosomi funziona dunque come un orologio biologico,
come una clessidra in azione. Infatti, questa è una delle cause del processo
d’invecchiamento del nostro corpo.
La polimerasi non legge fino alla fine
Come hai potuto leggere nel capitolo "reazione a catena della polimerasi",
le polimerasi sono responsabili della replicazione dei filamenti di DNA. Durante
questo processo, le polimerasi si devono fissare sul singolo filamento di DNA
da replicare.
Ad ogni processo di replicazione, esse si bloccano mutualmente all’estremità
del filamento, e sono quindi obbligate a lasciare un piccolo segmento non replicato.
Per questo i cromosomi si accorciano ad ogni ciclo di replicazione: l’orologio
biologico situato alle estremità dei cromosomi avanza.
La telomerasi mantiene le cellule giovani
Tuttavia non tutte le cellule subiscono questa sorte. Numerosi organismi unicellulari
si possono dividere in modo indefinito, senza che le cellule invecchino. I loro
cromosomi non si accorciano, perché l’enzima, chiamato telomerasi,
conferisce alle cellule la capacità di moltiplicarsi all’infinito.
Le cellule normali degli animali e dell’essere umano non contengono telomerasi,
o ne contengono molto poca. Normalmente, la telomerasi resta attiva durante
lo sviluppo embrionale e nella linea germinale responsabile di produrre i gameti
(ovuli e spermatozoi).
La telomerasi è anche all’origine della grande capacità
replicativa delle cellule cancerose. Alcuni scienziati sono riusciti a produrre
degli inibitori che si fissano ai telomeri e impediscono alla telomerasi di
accedervi. Così le estremità cromosomiche non possono essere più
riparate, e la capacità re plicativa delle cellule cancerogene trattate
diminuisce. Sulla base di queste scoperte è possibile sviluppare dei
nuovi metodi per il trattamento del cancro.
Cromosoma 9: Il gruppo sanguigno
Il gruppo sanguigno è ereditato tramite un gene situato sul cromosoma
9, chiamato gene AB0. Il gene AB0 esiste in tre forme, chiamati alleli. Si eredita
uno di questi alleli da ognuno dei genitori.
La combinazione di questi alleli porta il nome del genotipo. Il gruppo sanguigno
che risulta dalla loro combinazione costituisce il fenotipo.
L’allele A e l’allele B sono dominanti, mentre l’allele 0
è recessivo. In genetica, il termine "recessivo" ha il significato
di "nascosto" o "che non si manifesta". Esso si rapporta
al carattere, quando l’apparizione è mascherata da un altro carattere.
I 3 alleli possono determinare i 4 gruppi sanguigni differenti. Di seguito tutte
le combinazioni alleliche possibili, e quale gruppo sanguigno determinano.
A e A danno il genotipo AA, che a livello di fenotipo dà il gruppo sanguigno
A.
B e B danno il genotipo BB, che a livello di fenotipo dà il gruppo sanguigno
B.
0 e 0 danno il genotipo 00, che a livello di fenotipo dà il gruppo sanguigno
0.
A e B danno il genotipo AB, che a livello di fenotipo dà il gruppo sanguigno
AB, dato che A e B sono entrambi dominanti.
A e 0 danno il genotipo A0, che a livello di fenotipo dà il gruppo sanguigno
A, perché A è dominante.
B e 0 danno il genotipo B0, che a livello di fenotipo dà il gruppo sanguigno
B, perché B è dominante.
Riassumendo, questo significa che ci sono 3 alleli, 6 genotipi e 4 fenotipi
differenti.
Cromosoma 10: Stress
Talvolta è opportuno scappare davanti a elementi che generano uno stress.
Questa reazione ha permesso la sopravvivenza dell’essere umano. Il corpo
è messo in uno stato d’allerta dall’ormone dello stress chiamato
cortisolo: esso provoca la mobilitazione di energie che permette di affrontare
la situazione di stress. Sotto l’influenza del cortisolo, una quantità
più elevata di zucchero è trasportata nel sangue, provocando un
aumento della pressione arteriosa e dei battiti. Nello stesso tempo le funzioni
corporali meno importanti sono represse.
Il cortisolo è prodotto dalla ghiandola surrenale. Perché esso
sia prodotto, occorre che una serie di geni siano attivati da parte di un segnale
emesso dal cervello. Il cortisolo espleta i suoi molteplici effetti grazie alla
sua capacità di attivare indirettamente numerosi altri geni, tra i quali
alcuni portano ad un indebolimento delle difese immunitarie. Diversi geni implicati
in questa reazione complessa alla stress sono situati sul cromosoma 10.
Il nostro corpo non reagisce solamente allo stress fisico attraverso la secrezione
di cortisolo, ma anche ai carichi emotivi e psichici. Nonostante il corpo possa
ricevere ogni volta il segnale che gli ordina di infuriarsi, è risaputo
che una tale reazione non è sempre appropriata.
In questo caso è meglio evacuare lo stress: ci si può rilassare
praticando uno sport, o abbandonandosi ad un gioco. Soluzione saggia in quanto
l’accumulazione dello stress nuoce alla salute. Il cortisolo inibisce
la funzione dei globuli bianchi, dei leucociti, che giocano un ruolo importante
nella lotta contro gli agenti patogeni. Se non viene evacuato, lo stress è
dunque capace di rendere una persona veramente malata!
Cromosoma 11: l’enzima dell’altitudine
Partendo per una spedizione sull’Himalaya senza la preparazione sufficiente
si rischia di incorrere nel mal d’altitudine, tanto temuto e pericoloso.
A 5000 metri d’altitudine l’aria non contiene più di un terzo
della quantità normale d’ossigeno. La mancanza di ossigeno si fa
sentire nei muscoli, nei polmoni e nel cervello umano.
A queste altitudini, dei radicali liberi si formano nel corpo. I radicali liberi
sono dei composti chimici che attaccano i mitocondri, le centrali energetiche
delle nostre cellule.
I mitocondri, però, non sono lasciati senza protezione dai radicali liberi
nocivi. Essi sono protetti dall’enzima GST (Glutatione-S-Transferasi).
Quando i radicali sono presenti in piccola quantità, l’enzima GST
è in grado di neutralizzarli, conservando intatti i mitocondri.
Come fanno i popoli come i tibetani ad essere capaci di compiere lavori pesanti
ad alta quota? I tibetani producono più GST del normale, e sopportano
così l’aria a basso contenuto di ossigeno. Nel corso dell’evoluzione,
i tibetani hanno acquisito sul cromosoma 11 un gene GST particolarmente "attivo",
cioè molto espresso. Il loro corpo non ha quindi alcun problema a neutralizzare
i radicali liberi che si producono ad alta quota, e a respingere gli attacchi
contro i mitocondri. L’adattamento dell’essere umano alla vita in
altitudine è dunque in parte ereditata.
Questa osservazioni sono comunque significative anche per le persone che vivono
in pianura. Esistono diverse forme del gene GST, le quali sono legate ad enzimi
di detossificazione più o meno efficaci. Oggi si sa che le persone che
presentano determinate mutazioni del gene GST, sono esposte ad un più
alto rischio in presenza di veleni ambientali rispetto ad altri.
Cromosoma 12: I geni che dirigono il nostro sviluppo
Cos’è che decide che noi abbiamo due braccia e cinque dita per
mano? Che il giusto organo si sviluppi al momento e al posto giusto?
Lo sviluppo di un organismo pluricellulare complesso partendo da un ovulo fecondato
costituisce un processo biologico molto affascinante.
Il progetto di costruzione di un organismo si trova nei suoi geni, e più
precisamente in un network costituito da numerosi geni. Questo network è
controllato da delle proteine particolari, che sono ovviamente anch’esse
codificate da geni. I geni codificanti per queste proteine sono chiamati geni
dello sviluppo.
Dei ricercatori hanno scoperto che una grande quantità di questi geni
sono situati sul cromosoma 12. Alcuni si trovano anche in altre parti del genoma.
Essi sono stati trovati anche negli animali.
Il confronto tra i geni dello sviluppo dei diversi organismi viventi è
particolarmente significativo. La costruzione e l’organizzazione dei geni
dello sviluppo umani sono molto simili a quelle di altri mammiferi, ma anche
a quelli dei pesci, degli uccelli e persino degli insetti.
Generalmente, si dice che in ragione della loro funzione centrale nello sviluppo
dell’organismo, i geni dello sviluppo sono stati conservati durante diversi
milioni di anni dalla natura. Quello che funziona bene è conservato nell’evoluzione.
Una dimostrazione di questo, ma non la sola, è che i progetti di costruzione
del corpo di organismi anche molto diversi presentano numerose similitudini.
Cromosoma 13: Geni e cancro
La divisione delle cellule (mitosi) del nostro corpo è finemente
controllata da geni specifici. Così le cellule non si dividono semplicemente
quando gli pare, ma solamente nel punto dove un tessuto deve crescere (per esempio
le unghie), o per rimpiazzare cellule rovinate, dopo una "sbucciatura"
della pelle per esempio. In quel momento il semaforo che segnala alle cellule
diventa verde e la divisione può iniziare.
Un cancro si sviluppa quando delle cellule si dividono in maniera incontrollata,
perché i geni regolatori presentano un’anomalia e non svolgono
più correttamente le proprie funzioni. Esistono due tipi di geni regolatori
che intervengono nelle malattie cancerose: gli oncogeni, e i geni di soppressione
dei tumori. Un gene di soppressione dei tumori contiene il progetto di costruzione
di una proteina che impedisce alla cellula di dividersi. Se questo gene presenta
un difetto o è mancante, il semaforo resta sempre verde, e le cellule
si dividono in maniera inappropriata.
Il gene Retinoblastoma (Rb)
Il cromosoma 13 contiene diversi geni capaci di sviluppare un tumore quando
difettosi. Succede spesso che un difetto in un gene chiamato Rb sia la causa
dell’apparizione di un tumore nell’occhio. In alcuni pazienti il
gene Rb è addirittura mancante, e, se si colorano i cromosomi di queste
persone, si può notare che tutto un lungo frammento di DNA intorno al
gene Rb è mancante.
Un gene che ha subito una mutazione non genera sempre un tumore. Infatti, perché
un tumore si formi è necessario che diversi meccanismi di controllo delle
cellule siano non funzionanti. Si può quindi dire che il cancro si sviluppa
in seguito all’accumulazione di anomalie genetiche.
Causa del cancro: le anomalie genetiche
Le anomalie genetiche possono essere ereditate dai genitori, o si possono formare
dentro le cellule, per esempio a causa di un errore occorso nella duplicazione
del DNA durante la divisione cellulare.
Le anomalie genetiche possono anche essere dovute a fattori ambientali. Saprai
sicuramente che un’intensa esposizione ai raggi solari, o il fumo di sigaretta,
danneggiano i geni nelle cellule, e possono quindi causare un cancro
Cromosoma 14: Max e Myc
Hai appreso che quando il filamento di DNA è trascritto da un duplicatore
(RNA polimerasi), la copia migra fuori dal nucleo cellulare, dov’è
letta dalle fabbriche (ribosomi) che producono la proteina corrispondente.
Max e Myc ritornano nel nucleo cellulare
Alcune proteine prodotte fuori dal nucleo cellulare tornano indietro. Per esempio
le proteine Max e Myc. Max cerca costantemente il suo partner. Essa può
per esempio unirsi ad una seconda proteina Max, formando una coppia Max-Max,
ma si può anche unire a Myc, formando Max-Myc. Insieme, le due proteine
ritornano nel nucleo, dove svolgono un ruolo essenziale.
Sottoforma di coppia, queste proteine si possono fissare ad un filmento di DNA
nel nucleo cellulare, nel punto in cui le lettere formano la parola "CAAGTG".
Questa parola si trova all’inizio di molti geni.
Myc e Max sono dei fattori di trascrizione
La fissazione di queste proteine ad un filamento di DNA può accelerare
o frenare la frequenza di copiatura del gene (trascrizione). Per questo proteine
come Max e Myc sono chiamate fattori di trascrizione.
Per potersi legare al DNA, queste proteine hanno una conformazione particolare:
due elementi a forma di spirale sono legati insieme tramite un anello (loop).
A questo si aggiunge un pezzo dove spuntano diversi aminoacidi. Questi piccoli
denti permettono a Max e Myc di appaiarsi come una cerniera. Le spirali penetrano
dentro l’elica del DNA, fissando al filamento di DNA la coppia di proteine.
La forma del frammento attivo di proteine come Max e Myc si chiama proteina
a cerniera a motivo elica-giro-elica.
Max-Max blocca il duplicatore
Quando il duplicatore arriva per fabbricare la copia di un gene, si viene a
trovare faccia a faccia con la coppia di proteine fissata al DNA. Se si tratta
di una coppia Max-Max il duplicatore ha un problema. Perché questa coppia
non lo lascerà proseguire il suo lavoro: il gene non potrà allora
essere copiato, e quindi la proteina non potrà essere prodotta. Il gene
è dunque represso.
Max-Myc dà al duplicatore un impulso supplementare
Questa coppia dà al duplicatore un impulso supplementare in modo che
possa copiare meglio il gene. Così numerose copie del gene, sottoforma
di RNA, sono prodotte.
Il fatto che Max si accoppi con un’altra Max, o con Myc dipende dalla
disponibilità dei due partner. Una cellula in crescita produce numerose
proteine Myc. Le possibilità che si formi la coppia Max-Myc sono quindi
maggiori, e molti geni sono così attivati. È così che la
cellula si procura le proteine che le servono per ingrandirsi.
Cromosoma 15: doppio è meglio
Noi possediamo due copie della maggior parte dei nostri geni, una su ogni cromosoma.
Una delle due è stata ereditata dal padre, e l’altra dalla madre.
Questo è saggio, perché la copia può sempre rimpiazzare
un gene difettoso, cosicché un solo errore su una copia del gene non
produce alcun inconveniente.
Sovente, le copie dei geni sono marcate chimicamente. Questo significa che esse
sono diversamente attive se provengono dalla madre o dal padre. Un esempio particolarmente
buono di questa marcatura concerne due geni situati sul cromosoma 15.
Su questo cromosoma si trova un gene per il quale solo la copia ereditata dal
padre è attiva. A fianco di questo gene ce n’è un altro,
per il quale avviene il contrario: solo la copia materna è attiva.
Cromosoma 16: le globuline
Alcuni geni si ritrovano diverse volte su un filamento di DNA. In questi casi
si parla di "famiglia multi genica", cioè una collezione
di geni identici o molto simili. Una delle due famiglie delle globuline è
localizzata sul cromosoma 16. I geni che appartengono a questa famiglia contengono
i progetti di costruzione della proteina chiamata emoglobina.
L’emoglobina è una proteina di trasporto. Localizzata nei globuli
rossi, essa lega l’ossigeno che viene inspirato dai polmoni e lo trasporta
all’interno del corpo. Se il nostro sangue è rosso è perché
questo è il colore dell’emoglobina.
Le globuline: ce n’è per tutti gli stadi dello sviluppo..
Perché così tanti geni? Ogni gene della famiglia ha una serie
di lettere leggermente diverse. Per questo, le proteine dell’emoglobina
che sono prodotte differiscono un po’ le une dalle altre. Il risultato
è che la loro affinità per l’ossigeno è diversa,
come quindi la loro capacità a legarsi alla molecola d’ossigeno,
a trasportarla e a rilasciarla nell’organismo.
Mentre il feto si trova nel ventre materno ha bisogno di un’emoglobina
"affamata" d’ossigeno, che vada a cercarlo nel sangue materno
e lo porti a lui attraverso il cordone ombelicale. Nell’embrione che cresce
nel ventre materno, il gene epsilon-globulina produce l’emoglobina.
Invece, i bambini e gli adulti ricevono, attraverso la respirazione, una grande
quantità d’ossigeno nei polmoni. Le molecole di emoglobina che
si approvvigionano di ossigeno nei polmoni non devono quindi essere troppo avide
d’ossigeno, perché altrimenti ci sarebbe troppo ossigeno nel sangue.
Per questa ragione il gene epsilon-globulina è inattivato, e i geni alfa-
e beta-globulina diventano responsabili della produzione d’emoglobina.
Altri membri della famiglia genica delle globuline intervengono ancora tra i
tre, perché la famiglia è costituita da sette geni in tutto. I
diversi membri della famiglia delle globuline controllano dunque che l’emoglobina
di trasporto adeguata sia presente nei nostri globuli rossi, durante tutti i
differenti stadi del nostro sviluppo.
Cromosoma 17: L’orologio biologico
Per alcune persone svegliarsi presto è una tortura. Il loro corpo vorrebbe
dormire tutti i giorni fino alle dieci. Per altre persone, invece, alzarsi presto
al mattino non costituisce alcun problema, ma la sera non riescono più
a fare niente. È tutta una questione di orologio biologico.
Il nostro orologio biologico è situato in un ammasso cellulare nel nostro
cervello, localizzato a livello dell’osso nasale. Il suo piazzamento vicino
agli occhi non è casuale, infatti esso è spesso regolato dalla
luce solare. Senza questa regolazione, il ritmo cicardiano giornaliero dell’essere
umano è di 25 ore. Dopo una settimana passata nell’oscurità
saremmo talmente sfasati che pranzeremmo durante la sera.
Delle proteine regolano l’orologio biologico
L’orologio biologico è mantenuto in orario da delle proteine i
cui geni sono trascritti in fasi: la concentrazione di queste proteine cresce
fino ad un certo punto, dopodiché decresce nuovamente. Così esse
determinano il ritmo giornaliero e regolano le funzioni corporali. I geni dell’orologio
comandano per esempio la crescita delle cellule della pelle e dei capelli, che
sono notoriamente stimolati durante il sonno riparatore. I geni dell’orologio
controllano anche l’appetito. Quando l’orologio interno è
sregolato si possono avere problemi d’insonnia, o l’apparato digerente
può mettersi in moto in piena notte, anche a stomaco vuoto.
Il gene "periodo", localizzato sul cromosoma 17, Gioca a riguardo
un ruolo di prim’ordine. L’orologio cicardiano ne ha bisogno per
adattarsi ai cambiamenti di condizioni esterne. Per esempio è il caso
di una persona che rientra da un lungo viaggio in aereo. Il fuso orario si fa
sentire perché serve un po’ di tempo al corpo per adattarsi al
nuovo ritmo. È Il gene "periodo" che ci permette di ritrovare
il ritmo normale.
Cromosoma 18: I guardiani della divisione cellulare
Il nostro corpo è costantemente teatro di divisioni cellulari. Per esempio
ogni secondo sono prodotte due milioni di cellule sanguigne. Questo è
possibile grazie ad un controllo minuzioso della divisione cellulare, anche
detta mitosi. Durante la mitosi il DNA di ogni cellula è prima duplicato,
e poi ripartito equamente nelle cellule figlie.
Per fare questo le cellule dispongono di un fuso mitotico cellulare. I cromosomi,
situati al centro della cellula, sono attaccati al fuso, e poi separati e tirati
verso i due poli opposti della cellula. Dopodiché la cellula si divide
in due cellule-figlie. Esse contengono, ciascuna, lo stesso set di cromosomi
della cellula madre.
Per evitare ogni errore di distribuzione, le cellule non si dividono se la stazione
di controllo del fuso mitotico non dà luce verde. I guardiani della divisione
cellulare sono delle proteine che verificano che tutti i cromosomi siano ben
allineati al centro della cellula, e ben attaccati al fuso mitotico. Per le
cellule umane la proteina Hec ha il ruolo di guardiano. Essa controlla che i
fili che compongono il fuso mitotico siano ben fissati su ogni cromosoma. Il
gene Hec è localizzato sul cromosoma 18.
Cromosoma 19: Chiave e serratura per la glicemia
Tutte le cellule del nostro organismo sono circondate da un involucro cellulare
(membrana). Sulla faccia esterna di questa membrana si trovano dei centri di
accoglienza, i recettori. Questi funzionano come delle serrature, dove possono
entrare solo le chiavi adeguate, cioè i messaggeri prodotti dal nostro
corpo o dei farmaci.
L’ormone chiamato insulina costituisce un messaggero importante. Esso
è prodotto dalle cellule del pancreas. Dopo aver mangiato, il tasso di
glucosio del sangue aumenta, e l’insulina è rilasciata nel sangue,
attraverso il quale circola in tutto il corpo. Quando l’insulina incontra
uno specifico recettore per l’insulina, essa si fissa e segnala così
all’interno della cellula di assorbire glucosio dal sangue.
I recettori per l’insulina sono più o meno numerosi sulla superficie
delle cellule secondo il tipo di tessuto che esse compongono. La loro quantità
dipende dal numero delle volte che il gene del recettore, situato sul cromosoma
19, viene trascritto. Per esempio una cellula muscolare ha 1000 volte più
recettore per l’insulina di un globulo rosso del sangue. Le cellule muscolari
possiedono molti recettori, perché i muscoli hanno bisogno di zuccheri
come carburante.
Cause del diabete
Esistono due forme di diabete. Nel diabete di tipo-I, le cellule del pancreas
producono troppo poca insulina. Per trattare i malati di diabete di tipo-I occorre
iniettare regolarmente dell’insulina.
Nel caso del diabete di tipo-II, le cellule del corpo non reagiscono più
all’insulina, perché non hanno più abbastanza recettori
per l’insulina o perché diversi fattori indeboliscono il legame
dell’insulina al suo recettore. Le persone affette da questo tipo di diabete
devono quindi aggiustare la loro alimentazione. Se l’alimentazione non
è corretta, il tasso di glicemia aumenta al punto di danneggiare i tessuti.
L’esercizio fisico riveste anch’esso una certa importanza: la ricerca
scientifica ha rivelato che l’allenamento aumenta il numero dei recettori
per l’insulina in modo misurabile. Conseguentemente l’attività
sportiva influenza la lettura del gene per il recettore dell’insulina!
Cromosoma 20: I geni e la BSE
Tra il 1985 e il 1990, una grande quantità di bovini han contratto la
malattia della "mucca pazza", o BSE. Qual è la causa di questa
malattia?
In generale, le malattie degli uomini e degli animali possono avere tre origini:
da sostanze tossiche e fattori ambientali, ad esempio un’indigestione
dovuta a degli alimenti avariati, o un ginocchio debole perché si è
fatto troppo sci durante la propria vita;
da cause genetiche, dei geni che sono mutati possono provocare, per esempio,
l’asma;
da virus, batteri e funghi che danno, ad esempio, l’influenza, la polmonite
o la micosi plantare.
Delle proteine deformate sono responsabili della malattia
Nei bovini affetti da BSE, tutte queste cause sono state escluse. Allora perché
esse si sono comunque ammalate, e sono addirittura morte dopo qualche mese?
Durante le investigazioni, i ricercatori hanno scoperto una cosa che ha sorpreso
il mondo. La malattia è apparsa perché, nel cervello di questi
bovini, delle proteine si sono deformate, diventando così inutilizzabili.
In più, queste proteine (chiamate prioni) possono contaminare delle proteine
sane, che a loro volta saranno deformate. Normalmente una proteina è
fabbricata conformemente al suo progetto di costruzione, e conserva la propria
forma (vedi capitolo "Benvenuto nel mondo dei geni").
Oggi si pensa che i primi prioni apparsi nel cervello dei bovini abbiano indotto
delle proteine omologhe a trasformarsi in proteine patologiche. I prioni provenivano
dal mangime, e causano cambiamenti nel tessuto cerebrale.
Anche gli esseri umani possono soffrire delle malattie da prioni
Nel 1996, per la prima volta, una nuova variante della malattia di Creutzfeldz-Jakob
(vCJK) è apparsa in Inghilterra. Questa malattia si trasmette, come la
BSE, dopo ingestione di cibo contenente proteine deformate. Nel mondo circa
200 persone hanno contratto tale malattia. Oggi non ci sono più prioni
nell’alimentazione degli uomini e degli animali.
La variante classica della malattia vCJK non è originata dall’alimentazione,
ed è conosciuta da molto tempo. La sua causa è infatti genetica:
in un piccolo numero di persone il gene del prione, localizzato sul cromosoma
20, presenta delle anomalie (mutazioni). Per questo delle proteine deformate
sono prodotte, e queste persone sono quindi colpite dalla malattia vCJK.
Cromosoma 21: Più di una coppia
Errori nella ripartizione dei cromosomi avvengono, a volte, durante le prime
fasi dello sviluppo dell’ovulo o dello spermatozoo. Dopo la fecondazione,
un cromosoma può essere presente in 3 invece che in 2 esemplari.
Generalmente, la presenza di una copia supplementare di un cromosoma intero
disturba talmente tanto lo sviluppo di un essere umano che il feto muore prima
della nascita. Esiste tuttavia un’eccezione.
La presenza di tre esemplari del cromosoma 21 è possibile, si tratta
infatti della cosiddetta "trisomia 21". L’insieme delle caratteristiche
esteriori delle persone che hanno tre esemplari del cromosoma 21 sono chiamate
"Sindrome di Down", dal nome del medico britannico John L. H. Langdon-Down
che ha descritto questa sindrome per la prima volta nel 1866.
Le persone affette da trisomia 21 possono vivere molti anni in buona salute.
Le caratteristiche fisiche che possono pregiudicare la vita del bambino sono
generalmente ben trattate al giorno d’oggi. Tuttavia, lo sviluppo fisico
e psichico delle persone trisomiche è influenzato dalla malattia. Questo
ha come conseguenza il fatto che queste persone hanno bisogno di più
tempo di altre per imparare e capire.
Siccome è possibile contare i cromosomi del feto in gestazione, dal liquido
amniotico della madre, la trisomia 21 può essere individuata prima della
nascita. Un’amniocentesi è raccomandata alle donne con più
di 35 anni, perché il rischio di trisomia aumenta con l’età
della madre. Si stima infatti che in media ci sia un bambino Down ogni 2300
nascite tra le madri di 20 anni, mentre uno su 100 è trisomico tra le
madri di 40 anni. I genitori, messi al corrente del fatto che il bambino che
aspettano è affetto dalla trisomia 21, sono davanti ad un’enorme
sfida, e alla questione di sapere se sono disposti, e in grado, di accompagnare
un bambino affetto da Sindrome di Down.
Cromosoma 22: la grandezza misteriosa del genoma
Nel 2001 un gruppo di scienziati provenienti da tutto il mondo ha pubblicato
i risultati ottenuti dal Progetto Genoma Umano (HGP: Human Genome Project),
durante il quale sono riusciti a decodificare l’intero genoma umano. A
grande sorpresa è stato scoperto che solo il 2% del patrimonio genetico
codifica per dei geni funzionali. Il nostro genoma possiede circa 21 000 geni,
cioè 21 000 piani per la costruzione di proteine, che ora possono essere
descritti come delle barche che navigano in un immenso oceano di DNA.
Gli scienziati hanno lavorato per molto tempo prima di trovare la funzione del
resto del genoma non codificante. Un nuovo progetto di ricerca, chiamato ENCODE
(the ENCyclopedia Of Dna Elements), è stato dunque lanciato per svelare
questo nuovo segreto del patrimonio gentico umano. I primi risultati sono arrivati
nel settembre 2012: l’80% del genoma umano ha un ruolo biologico. La maggior
parte del nostro partimonio genetico serve a regolare l’espressione dei
nostri geni.
Infatti, secondo una delle più importanti scoperte del progetto ENCODE,
ciascun tipo di cellula utilizza una parte diversa del nostro genoma. I geni
attivi in una cellula della pelle sono diversi da quelli attivi in una cellula
del fegato, nonostante entrambe le cellule possiedano un genoma identico.
I ricercatori hanno poi instaurato intense discussioni sulla questione riguradante
la funzione del restante 20% del DNA non codificante: la sua funzione è
ancora sconosciuta, o si tratta solo di DNA-pattumiera (Junk-DNA) che si è
accumulato durante l’evoluzione?
Pertanto, questo pezzo di DNA che non contiene alcun gene viene usato per fare
la cosiddetta impronta digitale genetica di un individuo (qui troverai più
informazioni su questo).
Cromosoma 23 : i cromosomi sessuali
Che cosa fa di un uomo un uomo, e di una donna una donna?
L’embrione si sviluppa a partire da un ovulo fecondato. All’inizio
esso non è costituito che da qualche cellula, ma dopo solo cinque settimane
tutte le parti del corpo sono già presenti: si possono vedere gli occhi,
il cuore e i polmoni. Già dopo due mesi gli organi sessuali del piccolo
feto sono già sulla strada dello sviluppo in pene e testicoli, O in vagina
e ovaio!
Evidentemente, gli organi sessuali che si svilupperanno dipendono dalla presenza,
o dall’assenza, del cromosoma Y nelle cellule dell’embrione. Con
un cromosoma Y, l’embrione diventerà un bambino, mentre con due
X esso diverrà una bambina.
Sry: la regione del cromosoma Y che determina il sesso
Probabilmente è solo una piccola parte del cromosoma Y che definisce
il sesso mascolino. Il gene Sry ha un ruolo primario perché si tratta
della regione del cromosoma Y che determina il sesso dell’individuo. Sorprendentemente,
infatti, in assenza del gene Sry, sono gli organi sessuali femminili che si
sviluppano automaticamente. Ovviamente saranno quindi bambine a nascere!
Per i bambini, il gene Sry è molto importante. Perché senza questo
gene gli organi sessuali maschili non si possono sviluppare. Il cromosoma Y
contiene solo pochi geni, ma alcuni sono determinanti. Alcuni geni localizzati
sul cromosoma Y influenzano, infatti, la crescita. Per questo motivo gli uomini
sono, in media, più grandi delle donne.
In alcuni animali il sesso è determinato in modo molto diverso.
In alcuni animali non ci sono X e Y
Il sesso di molti animali non è determinato da XX e XY come negli uomini.
Per gli uccelli, per alcuni pesci, e per certi insetti come le farfalle, il
sistema è ancora diverso. In questi casi non è lo spermatozoo
che decide il sesso della progenie, ma l’ovulo. (ricorda: nell’uomo
l’ovulo contiene sempre una X, ma lo spermatozoo può contenere
una X o una Y).
Nelle api e le formiche non esiste alcun cromosoma sessuale. Sorprendentemente
i maschi si sviluppano da ovuli non fecondati. Conseguentemente, le loro cellule
hanno solo metà dei cromosomi di quelle delle femmine!
In alcuni insetti, per esempio le cavallette, non esiste un cromosoma Y. Una
X significa maschio, mentre due femmina.
Storia dei geni 1665 - 1977
1665 - Scoperta delle cellule vegetali
Solo con l'invenzione del microscopio nel 17.mo secolo, l'uomo è riuscito
a scoprire l'universo nascosto delle cellule e dei microrganismi. Nel 1665,
l'Inglese Robert Hooke (1635–1703) esamina con un rudimentale microscopio
del sughero e si rende conto che le piante sono formate da tanti piccoli elementi
che, per la loro disposizione, ricordano la forma alveolare dei favi.
1673 - Scoperta delle cellule umane e dei microrganismi
Il naturalista olandese, commerciante e politico Antoni van Leeuwenhoek (1632–1723)
esaminò al microscopio la placca dentale, delle gocce di sangue, la saliva
e altri liquidi organici e scoprì i batteri, i globuli rossi, alcuni
organismi unicellulari e gli spermatozoi.
1796 - Realizzazione della prima vaccinazione
Il medico britannico Edward Jenner (1749–1823) capì che i contadini
contagiati dal vaiolo delle vacche erano protetti dal temibile vaiolo umano.
Nel 1796 fece il seguente esperimento: da una vescica di pus di una bambina,
che era stata contagiata durante la mungitura dal virus del vaiolo delle vacche,
estrasse del tessuto e lo inoculò in un bambino sano. Sei settimane dopo
trasmise al bambino il virus del vaiolo umano. Il bambino non si ammalò.
Jenner realizzò così la prima vaccinazione di un essere umano.
1858 - Spiegazione della nascita delle diverse specie di animali e piante
Col tempo gli animali e le piante si trasformano. Nascono nuove specie. Nel
1858, il Britannico Charles Robert Darwin (1809–1882) fonda una teoria
che spiega perché avviene tale evoluzione: per poter sopravvivere nella
continua lotta per la conquista di cibo e spazio, gli esseri viventi devono
continuamente adattarsi alle trasformazioni del loro ambiente naturale. Vinceranno
la lotta gli organismi che hanno caratteristiche vantaggiose rispetto agli altri
(p.e. un fiore che produce più semi e che può meglio riprodursi
di un altro.)
1864 - Da vita nasce vita
Il chimico e fisico francese Louis Pasteur (1822–1895) dimostrò
per primo nel 1864 che i microrganismi vengono distrutti dal calore e che in
una soluzione nutriente trattata in questo modo non possono formarsi nuovi microrganismi.
Provò così che una nuova vita non può nascere spontaneamente,
ma solo da una vita già esistente. Pasteur scoprì inoltre che
nella natura i microrganismi provocano determinate reazioni chimiche: i batteri
fanno p.e. inacidire il latte, le cellule del lievito trasformano il mosto in
vino. Pasteur creò un nuovo ramo di ricerca: la microbiologia, lo studio
dei "piccoli esseri viventi". Il metodo ancora oggi utilizzato della
"pastorizzazione" – distruzione dei microrganismi riscaldando
un liquido (p.e. mosto di mela, latte) – deriva dalla sua scoperta.
1865 - Leggi dell'eredità
Nei sui esperimenti di incrocio di piselli, il monaco agostiniano Johann Gregor
Mendel (1822–1884) scoprì nel convento di Brünn (oggi Repubblica
ceca) le leggi dell'eredità. Mendel osservò determinate caratteristiche
dei piselli (p.e. il colore dei fiori o la buccia dei piselli) e capì
in base a quali leggi queste vengono trasmesse dai genitori ai discendenti.
Giunse alla conclusione che ogni carattere esterno di una pianta corrisponde
a un "elemento" (oggi chiamato gene) interno alla cellula e che ci
devono essere almeno due esemplari per ogni "elemento". Mendel ipotizzò
giustamente che uno degli "elementi" doveva provenire dalla madre
e l'altro dal padre. I suoi lavori erano molto matematici e, forse per questo,
furono a lungo dimenticati.
1871 - La scoperta della "nucleina" (DNA)
Uno degli obiettivi del chimico di Basilea Friedrich Miescher (1844–1895)
era di studiare la struttura delle cellule. Nel 1871 riuscì a dimostrare
che i globuli bianchi, oltre ad acqua, zucchero, proteine e lipidi, contengono
anche una sostanza fino ad allora sconosciuta. Poiché tale sostanza proveniva
dal nucleo cellulare, la chiamò "nucleina" (oggi DNA). Ci sono
voluti però ancora dei decenni prima di constatare che la "nucleina"
è formata da una serie di geni.
1882 - Scoperta dei cromosomi
Già nel 1878 i ricercatori scoprirono, grazie a microscopi più
efficienti, determinate strutture nel nucleo delle cellule che potevano essere
facilmente colorate. Questo materiale colorato fu chiamato in seguito "cromosoma"
(ossia corpi colorati). Il tedesco Walther Flemming (1843–1905) fu il
primo biologo a studiare sistematicamente il comportamento dei cromosomi durante
la divisione cellulare. Flemming osservò che i cromosomi vengono dimezzati
durante la divisione cellulare, che i mezzi cromosomi vengono tirati in direzione
opposta per essere distribuiti sulle cellule figlie e che entrambe le cellule
figlie producono poi una copia dei mezzi cromosomi. Le cellule figlie possiedono
così gli stessi cromosomi della loro cellula madre. Nel 1882 pubblicò
le sue prime scoperte, ma ci vollero quasi 20 anni prima che queste venissero
collegate alle leggi sull'eredità di Mendel.
1900 - Riscoperta della teoria dell'eredità di Mendel
All'inizio del ventesimo secolo, l'Olandese Hugo De Vries (1848-1935), il Tedesco
Carl Erich Correns (1864–1933) e l'Austriaco Erich von Tschemark (1871–1962)
riscoprirono indipendentemente i risultati delle ricerche di Mendel. I tre ricercatori
eseguirono degli incroci sperimentali su diverse piante e giunsero alla stessa
conclusione del monaco agostiniano: la trasmissione dei caratteri funziona in
base a leggi ben precise e tali caratteristiche sono "scritte" in
qualche modo e in qualche posto all'interno degli esseri viventi.
1902 - Scoperta del fatto che i cromosomi sono sempre in coppia
Il Tedesco Theodor Boveri (1862–1915) e l'Americano Walter Stanborough
Sutton (1877–1916) scoprirono nel 1902 che nel nucleo di un cellula due
cromosomi sono sempre identici. I due ricercatori trovarono un nesso con la
teoria di Mendel che dice: due esemplari di un "elemento" (oggi chiamato
gene) che corrisponde a un determinato carattere visibile vengono trasmessi
dai genitori ai loro discendenti. Uno dei due elementi proviene dalla madre
e l'altro dal padre.
1909 - Battesimo dei geni
Il biologo danese Wilhelm Johannsen (1857–1927) scoprì, grazie
ai suoi studi con i fagioli, che la trasformazione degli organismi può
avere due cause: può essere ereditaria o dovuta a fattori ambientali.
Come Mendel giunse alla conclusione: tutti i caratteri ereditari vengono determinati
da "elementi" all'interno della cellula. Nel 1909 Johannsen dette
a tali "elementi" il nome di "geni".
1910 - Scoperta che i cromosomi racchiudono i geni
Le ricerche condotte dal biologo americano Thomas Hunt Morgan (1866–1945)
con le drosofile (moscerini della frutta) fecero un po' più di luce sul
legame fra strutture del nucleo cellulare (cromosomi) e la trasmissione dei
diversi caratteri (geni). Nel 1910 scoprì che il numero dei geni è
molto più elevato di quello dei cromosomi e ne dedusse: i cromosomi racchiudono
i geni. Morgan scoprì inoltre che i cromosomi comprendono un gran numero
di geni e che i geni sono disposti linearmente sul singolo cromosoma in un ordine
ben preciso.
1941 - Scoperta che i geni sono la mappa di produzione delle proteine
Già nel 1930 i due biologi americani George Wells Beadle (1909–1989)
e Edward Lawrie Tatum (1909–1975) scoprirono che il gene contiene le informazioni
per la produzione di una proteina. In altri termini: i geni sono le mappe di
produzione delle proteine. Dieci anni dopo riuscirono a dimostrare la loro teoria
con un esperimento. Nel 1941 Beadle e Tatum provarono che modificando un solo
gene di una muffa si può modificare uno dei suoi caratteri. La trasformazione
genetica impedì alla muffa di riprodursi in modo corretto.
1944 - Scoperta che i geni sono composti da DNA
Per molto tempo si credette che le proteine erano le sostanze chimiche di cui
erano composti i geni. Solo nel 1944 il Canadese Oswald Theodore Avery (1877–1955)
assieme ai suoi assistenti americani Colin M. MacLeod e Maclyn McCarty riuscì
a dimostrare con i suoi esperimenti con i batteri che la "nucleina"
scoperta da Friedrich Miescher era composta da acido desossiribonucleico (DNA).
1953 - Scoperta della struttura spaziale del DNA (doppia elica)
Dalla scoperta di Avery che i geni sono composti da DNA, i ricercatori si chiesero
quale forma avesse la loro struttura. L'Americano James Dewey Watson (1928–)
e l'Inglese Francis Harry Compton Crick (1916–) riuscirono nel 1953 a
dare una risposta a tale interrogativo: le quattro basi adenina, timina, citosina
e guanina (A,T,C e G) sono disposte linearmente su due catene attorcigliate
lungo il loro asse. I collegamenti traversali fra le due catene sono costituiti
dall‘accoppiamento dell'A con la T e dalla G con la C. Il DNA ha quindi
la forma di una scala a chiocciola. I ricercatori cominciarono a parlare di
"doppia elica". Solo quaranta anni dopo ci furono dei microscopi in
grado di dimostrare con certezza la correttezza del modello di DNA creato da
Watson e Crick.
1957 - Il flusso delle informazioni genetiche
Assieme al fisico George Gamov (1904–1968), Francis Harry Compton Crick
elaborò nel 1957 il "dogma centrale" della biologia molecolare
che descrive il "flusso" delle informazioni genetiche in una cellula:
l'informazione genetica "scorre" da una gene (DNA) attraverso il suo
duplicato (RNA) in una proteina. La sequenza delle basi dei geni (A,C,G,T) determina
la sequenza delle proteine (amminoacidi).
1966 - Si decifra il "codice genetico"
Come è archiviata nel gene l'informazione destinata a produrre una proteina?
O in altri termini, come viene tradotto il linguaggio dei geni (A,C,G,T) in
quello delle proteine (20 diversi amminoacidi)? La risposta a tali interrogativi
venne nel 1966 dai due ricercatori americani Marshall Warren Nirenberg (1927–)
e Robert William Holley (1922–1993) e dal biochimico pakistano Har Gobind
Khorana (1922–): una sequenza di tre basi in un gene determina sempre
un amminoacido nella proteina. Questa chiave di traduzione ci chiama "codice
genetico" ed è uguale in tutti gli esseri viventi. Si dice quindi
che il "codice genetico" è universale.
1970 - Si scoprono gli enzimi di restrizione (le forbici del DNA)
Il microbiologo svizzero Werner Arber scoprì che alcuni batteri sono
in grado di frammentare il DNA estraneo (per esempio quello introdotto da un
virus) grazie a determinate proteine. Il biologo molecolare americano Hamilton
O. Smith confermò la scoperta di Arber con propri esperimenti. I cosiddetti
enzimi di restrizione riconoscono una determinata sequenza di lettere sul DNA
e lo sezionano in quel punto. Esistono diversi enzimi di restrizione. Ognuno
ha un punto di sezione specifico. La scoperta delle "forbici del DNA",
avvenuta nel 1970, ha posto le basi dell’ingegneria genetica.
1972 - Prima ricombinazione del DNA in laboratorio
L’Americano Paul Berg si servì degli enzimi di restrizione (forbici
del DNA) e ligasi (colla del DNA) per incollare in laboratorio frammenti di
DNA di varia origine o – per dirlo in altre parole - per costruire il
primo DNA ricombinante. Nel 1972 riuscì a combinare il DNA di virus con
il DNA di batteri.
1973 - Si realizza il primo organismo geneticamente modificato
Nel 1973 i due americani Stanley Cohen e Herbert Boyer produssero il primo batterio
geneticamente modificato: dal batterio Escherichia coli isolarono un plasmide,
che conteneva un gene resistente all’antibiotico tetraciclina. In questo
plasmide aggiunsero un secondo gene resistente all’antibiotico canamicina.
Poi trapiantarono il plasmide ricombinante sul batterio Escherichia coli. Il
batterio così modificato era resistente ai due antibiotici tetraciclina
e canamicina.
1977 - lettura del DNA
Walter Gilbert (USA) e Frederick Sanger (UK) sviluppano, indipendentemente l’uno
dall’altro, due metodi che permettono di scoprire la sequenza delle basi
A, C, G e T di una singola catena di DNA( lettura del DNA = sequenziazione).
Come funziona il metodo di Sanger, che viene tuttora utilizzato, è spiegato
al capitolo "Ingegneria genetica" sotto "Metodi".
Storia dei Geni 1980 ad oggi
1981 - Prima modifica genetica di un animale (topo)
Nel 1981gli Americani Richard Palmiter e Ralph Brinster inventarono un metodo
(microiniezione) per modificare geneticamente gli animali: le cellule uovo fecondate
dell’animale vengono messe su una piastrina. Sotto al microscopio, con
l’aiuto di un ago di vetro molto fine, si pratica un piccolo foro nella
cellula uovo e vi si iniettano molte copie del gene estraneo. Gli ovuli vengono
poi trasferiti nell’utero della madre, che porta a compimento la gravidanza.
Il gene estraneo si insedia stabilmente nel DNA del 10-20% degli ovuli. I piccoli
hanno il gene estraneo in tutte le loro cellule del corpo e quindi anche in
quelle sessuali. Così trasmettono le proprietà acquisite anche
alle prossime generazioni. Con questo metodo Palmiter e Brinster trasferirono
nei topi il gene di ratto per l’ormone della crescita. I topi geneticamente
modificati (transgenici) crebbero molto rapidamente e raggiunsero dimensioni
pari al doppio dei topi normali.
1982 - Autorizzazione della prima medicina prodotta con l’ingegneria genetica
(insulina umana)
Nel 1982 l’agenzia americana responsabile dell’autorizzazione dei
farmaci (FDA) autorizzò la vendita del primo farmaco geneticamente modificato.
Si trattava di insulina umana. L’insulina è un ormone prodotto
in determinate cellule del pancreas di ogni persona sana. Questo ormone evita
che il sangue contenga troppo zucchero. Vi sono delle persone che producono
troppa poca insulina e hanno quindi troppo zucchero nel sangue. La loro malattia
è chiamata diabete. Le persone gravemente malate di diabete devono iniettarsi
ogni giorno l’insulina per vivere sani. Prima l’insulina veniva
estratta dal pancreas di bovini o suini. Dagli anni ottanta viene prodotta in
maggioranza con l’ingegneria genetica. L’impresa biotecnologica
americana "Genentech" è stata la prima a produrla trasferendo
il gene dell’insulina umana sul batterio Escherichia coli.
1983 - Prima modifica genetica di una pianta (tabacco)
Nel 1983 l’Americana Mary-Dell Chilton e i due Belgi Jeff Schell e Marc
van Montagu riuscirono a modificare geneticamente una pianta di tabacco. Per
il trasferimento del gene utilizzarono il batterio Agrobacterium tumefaciens.
Questo batterio possiede un anello di geni (plasmide) di cui inserisce un determinato
frammento di DNA (T-DNA) nelle cellule ferite delle piante con cui entra in
contatto. Gli ingegneri genetici sfruttarono questa proprietà: tagliarono
una parte del T-DNA dal plasmide e aggiunsero il gene estraneo. A contatto con
le cellule del tabacco, il batterio vi introdusse il gene estraneo. Dalle cellule
del tabacco così modificate si svilupparono intere piante che contenevano
il nuovo gene in tutte le cellule e producevano la relativa proteina. Come nel
caso del topo transgenico (vedi 1981), il gene è stato poi trasmesso
ai discendenti.
1984 - Scoperta del “fingerprint genetico”
L’americano Alec Jeffreys scoprì nel 1984 il "fingerprint
genetico". Questo metodo viene utilizzato per esempio nella criminologia:
quando sul luogo di un delitto si scoprono tracce di sangue, capelli, pelle,
saliva o sperma (stupro), se ne può ottenere il DNA e produrre così
un "fingerprint genetico". Se questa impronta genetica corrisponde
a quella della persona sospetta, si riesce a far luce sul delitto. Il "fingerprint
genetico" serve anche ad accertare paternità contestate.
1985 - Autorizzazione del primo vaccino prodotto con l’ingegneria genetica
(contro i virus dell’epatite B)
Sulla superficie degli agenti patogeni sono presenti delle proteine contro le
quali il sistema immunitario della persona infetta produce degli anticorpi.
Con l’aiuto dell’ingegneria genetica è possibile trasferire
i relativi geni sui batteri o cellule superiori, in modo da indurli a produrre
le proteine di superficie. Queste proteine possono essere poi impiegate come
vaccini. Il sistema immunitario della persona vaccinata produce anticorpi contro
queste parti innocue dell’agente. Se la persona vaccinata viene poi infetta
dall’agente patogeno, il suo sistema immunitario è già pronto
a combattere la malattia. Il primo vaccino biotecnologico autorizzato alla vendita
protegge dai virus dell’epatite B e quindi dall’itterizia, che in
casi gravi può provocare cirrosi epatica e tumore al fegato.
1986 - Primo esperimento in pieno campo con piante geneticamente modificate
Prima di poter condurre un esperimento in pieno campo con piante transgeniche,
occorrono anni di analisi approfondite in laboratorio e in serra. Se una pianta
supera tutti questi test, si può procedere all’esperimento in pieno
campo, prima in piccole parcelle e poi su terreni più vasti. Solo qui
si può infatti dimostrare se la proprietà inserita nella pianta,
come per esempio resistenza ai funghi, regge alle complesse condizioni della
natura. Nel 1986 sono iniziati negli Usa i primi esperimenti in pieno campo
con piante transgeniche resistenti a insetti, batteri e virus. Nel frattempo
sono stati condotti in tutto il mondo oltre 25000 esperimenti in pieno campo
con piante transgeniche.
1990 - Viene sperimentata la prima terapia genetica (SCID)
Nel settembre 1990 un gruppo di medici americani sotto la direzione di French
Anderson condusse il primo esperimento di terapia genetica su una bambina di
quattro anni, Ashanti DaSilva, che era affetta da una grave malattia ereditaria
a carico del sistema immunitario (SCID). Questa malattia è dovuta a un
gene difettoso. I medici prelevarono del sangue alla bambina e introdussero
nei globuli bianchi una versione sana del gene. Poi, tramite infusione, reinserirono
le cellule geneticamente modificate nel sangue di Ashanti. Le condizioni della
bambina migliorarono, ma nessuno poteva affermare se il merito era della terapia
genetica o dei farmaci somministrati contemporaneamente.
1991 - Prima medicina prodotta dal latte di una pecora transgenica
Nel 1991 l’impresa scozzese PPL Therapeutics riuscì a creare una
pecora transgenica che nel suo latte produce quantità abbastanza elevate
della proteina umana alfa-1-antitripsina (AAT). L’AAT viene prodotta tuttora
con metodi tradizionali e usata per curare gravi malattie dei polmoni. Si è
calcolato che sarebbero sufficienti 2000 pecore transgeniche per coprire il
fabbisogno mondiale di AAT. Questo tipo di produzione di farmaci è chiamato
"genepharming". Finora sul mercato non ci sono medicine prodotte con
questo metodo.
1994 - Autorizzazione del primo alimento transgenico (pomodoro)
L’ingegneria genetica permette di trasferire singoli geni nel DNA delle
piante per ottenere determinate proprietà, come p. e. resistenza a organismi
dannosi. È possibile però anche il contrario, cioè abolire
o indebolire una determinata proprietà eliminando o disattivando il gene
responsabile. È quanto si è fatto con il pomodoro FlavrSavr, il
primo alimento geneticamente modificato lanciato sul mercato. Inattivando un
determinato gene, si sopprime la produzione di un enzima che causa il deterioramento
della frutta e della verdura. Con questo trattamento il pomodoro transgenico
si conserva più a lungo di quelli tradizionali.
1996 - Per la prima volta si decifra il genoma di un organismo eucariote (lievito)
Il lievito è un organismo monocellulare, ma – come l’uomo
- fa parte degli esseri viventi le cui cellule contengono un nucleo provvisto
di membrana (eucarioti). Questa sua proprietà lo rende molto interessante
per la ricerca. Il lievito Saccharomyces cerevisiae è stato il primo
eucariote di cui si è decifrato il genoma (oltre 12 milioni di basi).
Questo lavoro, frutto di una collaborazione internazionale, è terminato
nel 1996. In precedenza si era riusciti a decifrare genomi molto più
piccoli: nel 1983 quello del primo virus (Bakteriophage Lambda) e solo nel 1995
quello del primo batterio (Haemophilus influenzae).
1998 - Primo successo di una terapia genetica (contro la cancrena)
Il team di ricercatori guidato da Jeff Isner a Boston ottenne nel 1998 il primo
successo con la terapia genetica: diversi pazienti colpiti da una grave forma
di cancrena (necrosi di tessuti dovuta a disturbi di circolazione) poterono
evitare l’amputazione del piede grazie al trapianto di un gene che promuove
la crescita dei vasi sanguigni.
1998 - Decifrato per la prima volta il genoma di un animale (verme)
Il primo genoma di un animale, quello del nematode Caenorhabditis elegans, fu
decifrato completamente nel 1998. Per decodificare i sei cromosomi con oltre
97 milioni di basi, due team di ricerca americani e inglesi avevano lavorato
più di otto anni.
2000 - Decifrato per la prima volta il genoma di una pianta (crucifera)
Il primo genoma di pianta, quello della crucifera (Arabidopsis thaliana), con
120 milioni di basi su 5 cromosomi, fu finito di decifrare nel 2000. A questo
lavoro avevano partecipato ricercatori europei, americani e giapponesi.
2001 - Viene decifrato il genoma umano
Nel febbraio 2001 scienziati del progetto internazionale "Humane Genome
Project" e della ditta americana "Celera Genomics" hanno pubblicato
la prima mappa dettagliata del genoma umano nelle riviste scientifiche "Nature"
e "Science". Ne risulta che l’uomo è composto solo di
circa 30 000-40 000 geni e non di 100 000 come si supponeva fino ad allora.
Il progetto non è però finito qui. Un’altra sfida consiste
nello scoprire qual è la funzione dei geni e come sono collegati tra
di loro. Particolarmente interessanti sono i geni i cui difetti causano delle
malattie.
2002 - si scopre che l’RNA può disattivare i geni
I ricercatori hanno scoperto che dei brevi frammenti di RNA riescono ad aderire
ai geni trascritti formando così l’RNA a doppio filamento. Questo
viene individuato da enzimi specializzati nel degradare l’RNA a doppio
filamento. La trascrizione del gene viene distrutta impedendo la produzione
della proteina. Il meccanismo di interferenza dell’RNA è considerato
la scoperta rivoluzionaria del 2002 in campo molecolare.
2002 - maiali donatori di organi
I suini vengono allevati per fornire carne all’uomo. Con lo xenotrapianto
questi animali diventano anche una fonte di organi per l’essere umano.
Nel 2002 gli scienziati sono infatti riusciti a modificare geneticamente diverse
proteine suine in modo da ridurre il pericolo di rigetto dell’organo trapiantato.
2003 - il primo chip DNA che valuta la risposta individuale ai farmaci
A seconda del proprio codice genetico, l’uomo possiede proteine che degradano
i farmaci più o meno velocemente. La stessa dose di un farmaco può
quindi avere effetti troppo forti o troppo blandi in base al soggetto. Un chip
genico verifica, tramite una goccia di sangue, di che tipo di proteine dispone
il paziente, indicando al medico se la persona metabolizza il farmaco in fretta
o lentamente. Questo sistema consente al medico di prescrivere la dose giusta
di medicina.
2005 - nascita del primo bambino salvatore (saviour baby)
Al momento del concepimento, Elodie è stata scelta in base a determinati
criteri genetici: i suoi tessuti hanno le stesse caratteristiche di quelli di
suo fratello. La donazione del suo midollo osseo lo ha così salvato da
una malattia incurabile. Il concepimento di Elodie ha dovuto avvenire però
in Belgio, perché ad oggi questa procedura di selezione è vietata
dalla legge Svizzera.
2006 - primo sensore di arsenico con tecnologia genetica
L’arsenico è un veleno. Un semplice apparecchio, che funziona con
batteri geneticamente modificati, permette di analizzare se l’acqua potabile
è inquinata da questa sostanza. Poiché spesso si può trovare
acqua migliore già nella fonte più vicina, questo biosensore diventa
molto utile nei paesi in via di sviluppo.
2007 - prima decodifica del proteoma di un organismo multicellulare
A differenza del genoma, sempre stabile (tutti i geni di un organismo), il proteoma
(tutte le proteine di un organismo) è molto dinamico. Un esempio: il
bruco e la farfalla che ne risulta hanno lo stesso genoma, ma un proteoma completamente
diverso. In seguito a un cambiamento della sequenza delle lettere a livello
di RNA, un solo gene può dar luogo a proteine diverse. Il proteoma è
pertanto molto più vasto del genoma e cambia a seconda dello stadio di
sviluppo.
2007 - onori per il topo geneticamente modificato (topo knock-out)
Nell’ottobre 2007, Martin Evans, Mario Capecchi e Oliver Smithies hanno
ricevuto il Premio Nobel di medicina. Martin Evans ha scoperto come ottenere
cellule staminali dagli embrioni di topi. I suoi due colleghi sono invece riusciti
a capire come modificare un gene nelle cellule staminali (in inglese knock-out),
in modo da inibire la produzione della relativa proteina. Evans ha pensato di
inserire nei giovani embrioni di topo la cellula staminale modificata. Crescendo,
i topi avevano una parte del tessuto composto da cellule geneticamente modificate,
in parte addirittura gli ovuli e gli spermatozoi. Nei giovani discendenti di
tali animali, ogni cellula era geneticamente modificata. Se i topi knock-out
si ammalavano improvvisamente di cancro, i ricercatori sapevano che il gene
soppresso era quello deputato al controllo della proliferazione delle cellule
cancerogene.
2008 - Scoperta del gene NDM-1: questo gene conferisce ad alcuni batteri una
pericolosa resistenza multipla agli antibiotici.
Nel 2008 dei ricercatori hanno scoperto il gene NDM-1 espresso da dei batteri
che avevano infettato un paziente svedese durante un soggiorno in India. Il
gene NDM-1 conferisce ai batteri una resistenza contro tutta una classe di antibiotici.
Questi farmaci sono stati somministrati in grandi quantità in India per
contrastare degli importanti focolai d’infezioni batteriche. I batteri
responsabili delle infezioni hanno poi però acquisito il gene della resistenza
NDM-1 da batteri non patogeni dell’intestino umano, attraverso un trasferimento
di plasmidi, diventando a loro volta resistenti. In questo momento i ceppi pericolosi
di questi batteri sono localizzati principalmente in India e in Pakistan, mentre
in Europa sono stati trovati solo raramente.
2009: Uno studio su tutto il genoma, comprendente 27000 partecipanti, ha dimostrato
la complessità genetica della schizofrenia.
Per identificare le cause genetiche della schizofrenia, un’equipe di ricercatori
americani ha analizzato il genoma di 8000 pazienti affetti da schizofrenia e
di 19000 persone sane. I ricercatori hanno individuato delle differenze particolarmente
importanti sul cromosoma 6 tra pazienti sani e persone malate, dimostrando cosi
che la schizofrenia ha origini genetiche. Alcuni di questi geni giocano un ruolo
importante a livello del sistema immunitario, permettendo ai ricercatori di
stabilire dunque, per la prima volta, una correlazione tra il sistema immunitario
e la schizofrenia. Fino ad oggi l’unico sospetto a riguardo veniva dall’osservazione
che le persone predisposte alla schizofrenia sviluppano più velocemente
la malattia se hanno sofferto importanti infezioni durante l’infanzia.
2010 - Produzione di batteri con un genoma artificiale.
In Maggio 2010 il ricercatore americano Craig Venter impressiona il mondo intero
producendo il primo essere vivente dotato di un genoma completamente artificiale.
Il ricercatore e la sua equipe hanno ricostruito in laboratorio la totalità
del genoma del batterio intestinale chiamato Mycoplasma mycoides ricopiando
il genoma di questo batterio lettera per lettera. Il genoma artificiale è
stato poi trasferito in una cellula batterica ricevente. Per far si che il genoma
sia considerato come artificiale i ricercatori hanno inserito in modo codificato
i loro nomi e un indirizzo email. La persona che arriva a decifrare il codice
può inviare loro un’email.
2012 – Scoperta la funzione delle parti non codificanti del genoma: non
DNA-spazzatura ma elementi regolatori.
Da quando è stato completato il sequenziamento del genoma umano nel 2001,
la funzione del 90% della sequenza di DNA non è per niente chiara. I
ricercatori hanno infatti trovato che solo il 3% del DNA genomico corrisponde
alla sequenza di geni funzionanti, cioè di geni che effettivamente portano
alla costruzione di proteine. Il restante DNA è stato pertanto chiamato
in linguaggio corrente degli scienziati “junk-DNA” (DNA-spazzatura).
Un consorzio internazionale composto da più di 440 scienziati, provenienti
da 32 laboratori sparsi per il mondo, si è dunque lanciato alla ricerca
della soluzione all’enigma del junk-DNA. Questo progetto è stato
chiamato ENCODE (the ENCyclopedia Of DNA Elements). Nel settembre 2012 i membri
del team ENCODE hanno pubblicato i loro primi risultati: l’80% delle regioni
del genoma fino ad oggi con funzione sconosciuta hanno un’attività
biochimica. Una parte importante di questo DNA gioca un ruolo importante nella
regolazione dell’attività genica. Questo contribuisce a spiegare
come sia possibile che una cellula epatica e una cellula nervosa si possano
sviluppare da una cellula-precursore comune. La differenza tra i due tipi di
cellule non è contenuta nell'informazione genetica, ma nella regolazione
della sua attività. Questa regolazione si basa sulla presenza di sequenze
regolatrici specifiche per determinati fattori di trascrizione e sulla generazione
di copie diverse di RNA. I meccanismi di regolazione determinano se, quando
e quanto una proteina è prodotta. Le conoscenze acquisite attraverso
il progetto ENCODE spiegano perché delle mutazioni situate in queste
regioni, fino ad oggi considerate come non funzionali, siano invece associate
a diverse malattie.